La griffe non vale per le medicine

Sono quasi passati dieci anni dall’introduzione in Italia dei farmaci non “griffati” ovvero dei farmaci generici. Se stessimo parlando di auto o di moda, probabilmente daremmo un valore  alla marca, pensando alla fine al fattore qualità che esprime. C’è un settore in cui questo assioma in modo certo non vale, perchè un principio chimico attivo , vale e funziona , indipendentemente dal brand ovvero dalla casa farmaceutica che lo produce. Certo che come in tutti i prodotti interviene il marketing con le sue leve ( pubblicità e confezione ) a farci scegliere, o ci pensa il medico a prescrivere il nome “noto” del medicinale. Ma se riflettiamo c’è un neo in ciò. Per decenni tutto questo è stato un inutile maggior costo per noi e per il Servizio Sanitario Nazionale, che si accollava dunque, una quota parte di questi maggiori oneri “di distribuzione commerciale”.

Oggi, attraverso l’impegno di istituzioni, classe medica, rappresentanti del mondo scientifico e associativo, sta nascendo  poco a poco una vera “cultura del medicinale equivalente”, che sta guadagnando sul campo la fiducia degli italiani ed è ormai entrata a far parte del linguaggio e dell’uso comune, grazie anche alle importanti campagne di informazione e sensibilizzazione susseguitesi in questi anni.

Questa mattina in un convegno a Milano si farà il punto sulla storia del medicinale equivalente nel nostro paese, riflettendo anche quale potrà essere il suo futuro, e si presenterà il primo libro che ne ripercorre le sue tappe fondamentali dagli esordi ai giorni nostri, attraverso la testimonianza dei suoi protagonisti. A scrivere “Farmaco generico, un cammino lungo dieci anni”  è  Massimo Cherubini, giornalista esperto di farmacologia e lobby, insieme a Michele Uda e Francesca Giani per l’editore Gruppo 24 Ore.

Da dieci anni si può scegliere di avere qualità al giusto prezzo, perchè per le medicine la griffe non vale.




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