“For the Love of God”! Damien Hirst irrompe a Firenze

For the Love of God, 2007

Un calco di platino di un teschio umano in scala reale, tempestato di 8.601 diamanti; un grande diamante rosa a forma di goccia, noto come “la stella del teschio”, incastonato sulla fronte: tutto questo è For the Love of God, la spettacolare opera dell’artista britannico Damien Hirst, esposta per la prima volta in Italia, a Palazzo Vecchio di Firenze, dal 26 novembre al 2010 all’1 maggio 2011.

The Physical Impossibility of Death in the Mind of Someone Living, 1991

Seducente unione di orrore e splendore, di paura e ossessione, For the Love of God è la “morte” vista attraverso gli occhi di uno dei più chiacchierati e pubblicizzati artisti degli anni Novanta, che nel corso di un ventennio ha scandalizzato l’opinione pubblica e il mondo artistico, presentando la condizione di transitorietà umana in forme eccessive e sconcertanti.

The History of Pain, 1999

L’opera d’arte più costosa del mondo è solo un piccolo tassello di una lunga serie che con The Physical Impossibility of Death in the Mind of Someone Living, uno squalo tigre in formaldeide e The History of Pain, fra gli altri, accede alle nostre paure, svelando il rifiuto paranoico di morte che permea la nostra cultura. Nei suoi lavori Hirst mescola oggetti o esseri viventi agli elementi convenzionali e tradizionali dell’arte; ricava da film e canzoni i titoli delle sue opere; indirizza temi e preoccupazioni che non possono essere indirizzate in nessun altro modo, se non attraverso una sfacciata ironia, che stempera le suggestioni, affinché l’intercorrere di sensazioni condivisibili fra spettatore e artista, diventi un elemento portante del fare artistico.

The Virgin Mother, Lever House, New York City

L’umanità è ossessionata dalla dimensione dell’eternità e sebbene transitoria sia l’esistenza c’è, comunque, qualcosa d’immortale nell’uomo e nell’”amore di Dio”, così come nell’arte. In mostra nella prestigiosa dimora della famiglia Medici, nella sala del Duca Cosimo, il teschio di diamanti si propone, non solo, come una singolare rilettura della tradizione del memento mori, che tramite l’iconografia della vanitas ebbe tanta fortuna nella pittura del Diciassettesimo secolo, ma, anche, come rivisitazione della totale soggezione di ogni cosa terrena al potere del tempo, al quale, come un “diamante”, si sottrae l’arte. Passaggio obbligatorio per accedere alla sala espositiva è lo straordinario Studiolo di Francesco I, dove il complesso programma decorativo, capolavoro della cultura celebrativa e aulica del Manierismo fiorentino, prepara e invita lo spettatore a un confronto irripetibile e di grande rilevanza storico-artistica, con la creazione più alta e originale di Damien Hirst.

Still Life: An Allegory of the Vanities of Human Life, Harmen Steenwyck, 1640




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