Marella Ferrera : le spose “migranti” sbarcano ad AltaRoma

Marella Ferrera p/e 2011 - ph: Paolo Lanzi/Paul de Grauve Communication

… ho ricamato i miei ricordi, li ho vissuti pezzo su pezzo, li ho intagliati come fossero una tela, li ho scuciti per ricomporli ancora… ed ora, indosso il mio abito: il mio abito da sposa…”. Sono parole tratte dalla drammaturgia La Nave delle Spose di Lucia Sardo ed Elvira Fusto, stesso titolo che Marella Ferrera ha adottato per descrivere la sua nuova collezione donna primavera/estate 2011.

Marella Ferrera - ph: P. Lanzi

Siamo alla fine dell’800, New York, o meglio, Ellis Island, la famosa isola di fronte a Manhattan. Qui milioni e milioni di uomini e donne che partivano dal Sud dell’Italia, e soprattutto dalla Sicilia amata profondamente dalla stilista, mettevano i piedi sulla nuova terra dove stabilirsi definitivamente. Portavano con sé i propri ricordi, speranze, tradizioni e memorie. E proprio di quest’ultime si appropria Marella. La Nave delle Spose, così definita la nuova collezione, è la nave che negli anni ’20 approda su quelle nuove terre. Le donne diventano protagoniste della storia, sono coloro che mantengono salde le proprie radici pur adattandosi al nuovo mondo. La stilista fa così leva sul vagone di “strappi di memoria” che si intessono in abiti dai movimenti fluidi che giocano con il movimento di pieni e vuoti dati dall’aria. Gli abiti creati con reti, spaghi, macramè, merletti e centrini appaiono densi di storia.

Marella Ferrera - ph: P. Lanzi

Le figure eteree si muovono in tessuti di Jakob Schlaepfer, Sophie Hallette, Riechers Marescot, Vema e Ruffo Coli che presentano incastonate in superficie immagini fotografiche di quei “migranti” in bianco e nero, ecrù e seppia provenienti dall’archivio storico Marella. Le stesse fotografie sono presenti stampate in altri abiti dalle morbide sete. Ricordi del vecchio mondo tutti incorniciati da un’atmosfera teatrale poetica suggestiva tipica della maison Marella. Le creazioni ci colpiscono per il loro stile innato, per il loro “voler dire qualcosa”, in poche parole è una collezione che ha un significato. E non è da poco.




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