Astrazione ed essenzialità. L’architettura e il design di Rietveld in mostra a Roma

 

Modellino Casa Schroder, @Rietveld

“Ci sono due concezioni del mondo: una antica e una nuova. L’antica tende verso l’individualismo. La nuova, verso l’universale. La lotta tra individualismo e universale si registra sia nella guerra mondiale che nell’arte della nostra epoca”. Sono parole di Theo van Doesburg, maggiore esponente di una delle rivoluzioni artistiche del ‘900 ovvero il gruppo De Stijl o meglio il Neoplasticismo.

Primo numero De Stijl

Nel 1918 Theo van Doesburg articola in un manifesto gli otto punti centrali a cui i nuovi artisti, architetti, pittori e designers, dovevano ispirarsi. Gerrit Rietveld è uno degli architetti olandesi del ‘900 appartenente dal 1919 a questo movimento e ispiratore di tutte le generazioni di architetti a lui successive da Mies van der Rohe a Le Corbusier passando anche dai designers più creativi come Alessandro Mendini e Maarten Baas.

Gerrit Rietveld, Padiglione Sonsbeek, 1955, Arnhem

Al MAXXI di Roma dal 14 aprile al 10 luglio si potrà assistere alla sua prima retrospettiva monografica in Italia coprodotta dal MAXXI con il Central Museum Utecht e NAi Rotterdam, a cura di Maristella Casciato, Domitilla Dardi e Ida van Zijl. Basti immaginare un quadro di Mondrian per spiegare e visualizzare nella nostra testa l’universo e i principi che muovono l’opera di Rietveld.

Mondrian, Composition with Red, Yellow and Blue, 1921

Composition with Red, Yellow and Blue del 1921 di Mondrian: astrazione, essenzialità delle forme e delle linee principalmente orizzontali e verticali, colori primari come il rosso, giallo e blu e i non colori bianco e nero, solo quadrati e rettangoli, in parole povere il superamento dai codici formali del classicismo e dalla convenzione della prospettiva rinascimentale. Così in architettura e nel design Rietveld si pone come un’anticipazione del Movimento Moderno, in particolare sulle ricerche astratte e sulle sperimentazioni della Bauhaus.

Gerrit Rietveld, Casa dell’autista, Utrecht 1927/28, foto F. Panzini 2011

“Nella poetica neo-plastica è estetico il puro atto costruttivo: combinare una verticale ed una orizzontale oppure due colori elementari è già costruzione. E’ il principio in cui credono ugualmente un pittore come Mondrian, uno scultore come Vantongerloo, architetti come G. T. Rietveld, J. J. Oud, C. van Eesteren” (Giulio Carlo Argan).

Gerrit Rietveld, Case sull’Eramuslaan, Utrecht 1934, foto F. Panzini 2011

Realizzerà così Casa Schröder a Utrecht del 1924 rispettando i 16 punti teorizzati da Theo Van Doesburg. In mostra ne troviamo le immagini come anche della Casa dell’autista a Utrecht (1927/28) scattate da Panzini: emerge la plasticità delle facciate superfici sono bianche o in sfumature di grigio, infissi di porte e finestre sono neri, ed altri elementi usano i colori primari.

Red and Blue G.Th Rietveld 1918, (produzione Cassina 1973)

Lo stesso per le Case sull’Eramuslaan a Utrecht (1934) ed il Padiglione Olandese alla Biennale di Venezia del 1953-54. Ma per arredare la casa Rietvel progettò anche numerosi mobili che seguono il principio di funzionalità ed economia dei mezzi come la celebre sedia Rosso-Blu e Zig-Zag riprese poi in chiave contemporanea da Alessandro Medini e Maarten Baas.

Zig Zag, G.Th Rietveld 1934, (produzione Cassina 1973)

Le influenze di Rietveld si fanno sentire nella Casa Farnsworth di Mies van der Rohe (Chicago, 1951) o nelle Case al quartiere Weissenhof di Stoccarda di Le Corbusier. I riferimenti all’architettura neoplasticista sono confermati dalle interviste in mostra di quattordici progettisti contemporanei tra cui Gae Aulenti, Andrea Branzi, Vittorio Gregotti, Enzo Mari e nelle loro opere esposte. Lo scopo della rivista “De Stijl”, del movimento del neoplasticismo e di Rietveld è, come afferma Theo Van Doesburg nel sesto punto del manifesto “di fare appello a tutti coloro che credono nella riforma artistica e culturale per annientare ciò che ne ostacola lo sviluppo, come i suoi collaboratori hanno fatto nella nuova arte plastica sopprimendo la forma naturale che contrasta un’autentica espressione d’arte, esito di ogni conoscenza artistica” che sfocerà nella destrutturalizzazione del postmoderno architettonico degli anni ’80 teorizzato dall’architetto Charles Jencks in The Language of Post-Modern Architecture (1977), “un’architettura della complessità basata su significati (…) socialmente e politicamente motivati”.

 

Casa Farnsworth di Mies van der Rohe (Chicago, 1951)




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