Berlino: L’Intimate Life di Nan Goldin in mostra alla Berlinische Galerie

Suzanne crying, New York City, 1985

Camere da letto, morsi, sguardi, sorrisi, gemiti. Scorci di vita e di esistenze; storie di solitudine e drammi personali, ma soprattutto ricordi. La Berlinische Galerie di Berlino, dal 20 novembre 2010 al 28 marzo 2011,  in occasione del Quarto Mese Europeo della fotografia, celebra la fotografa americana Nan Goldin presentando uno straordinario spaccato fotografico dei soggiorni berlinesi dell’artista fra gli anni 1984 e 2009. Caratterizzata da una candida onestà e da una visione accurata e intima delle cose, la produzione artistica della statunitense Goldin, è diventata nel corso del tempo parte integrante dell’immaginario visivo contemporaneo.

Amanda in the mirror, Berlino, 1992

Da diario di vita di un gruppo di giovani che si conobbero nella Boston dei primi anni 70, alla fine della guerra nel Vietnam, la sua fotografia ha documentato per anni la storia dell’America marginale e soffocata: l’America dei diversi, dei gay, transessuali, malati di Aids, tossicodipendenti; uomini e donne che scelsero la deriva per gioco o per bisogno, rendendoci uno dei più brillanti e semplici ritratti della mutazione di corpi, generi e mode avvenute nell’ambito della sessualità negli ultimi trent’anni e, in generale, della cultura pop degli anni 90.

Bea con la bevanda blu, O-Bar, Berlino Ovest 1984

Ed è per necessità che Nan Goldin si avvicina alla fotografia. Dopo il suicidio della sorella Barbara Holly Goldin, che cambiò radicalmente la sua vita tanto da influenzarne il lavoro, la fotografia diventa un’urgenza di contatto fisico: “L’avevo persa, afferma l’artista, era diventata un’ossessione, non volevo perdere mai più il ricordo di qualcuno”.

Amanda on my fortuny, Berlino 1993

Nello slide show, la serie fotografica che l’ha resa celebre, The Ballad of Sexual Dependency, la giovane fotografa, nell’impeto di esorcizzare quella perdita coglie i suoi amici alle prese con momenti di solitudine e di depressione, con abusi di sostanze stupefacenti; impelagati in relazioni sentimentali che, manifestazioni di una “dipendenza”, sfociano nella morbosità e nella violenza. Nan Goldin scava nei dettagli e nell’intimità dello spazio domestico; si spinge oltre l’obiettivo, giù in fondo, fino a toccare tematiche scottanti, come il sesso e la malattia; fino a conoscere la parte “nascosta” di New York City: quella dei transessuali e dei travestiti. Identità, corpo, sessualità, malattia, l’obiettivo coglie, mostra, evidenzia, in maniera non del tutto perfetta, stralci di vita quotidiana fusi con esperienze di vita privata, nei luoghi dove si sussegue, sempre, una stessa tipologia di individui. In Nan Goldin, Berlino Work 1984-2009 le grandi stampe in Cibachrome mostrano un ciclo di vite sotterranee; anonimamente si vivono le stesse frustrazioni: nuovi ospiti, ma con le medesime caratteristiche, forse una base emotiva diversa.




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