“Ti faccio vedere con gli occhi chiusi”. Sebastian Matta al Museo de Bellas Artes di Bilbao.

 

Sebastian Matta, The Earth is a man, 1940

Nella Parigi dei primi anni Venti un nuovo atteggiamento estetico stava nascendo sulle ceneri della Grande Guerra appena conclusa: il Surrealismo. Considerato il più importante movimento d’Avanguardia e, forse, anche l’ultimo grande movimento d’Avanguardia, il pensiero surrealista, nel seguire la nuova prospettiva aperta dalla psicanalisi freudiana, si manifestò, spesso, come ribellione alle convenzioni culturali e sociali; al pensiero tradizionale, al mito francese della Ragione.

Sebastian Matta, L'occhio è la finestra, 1973

Nei lavori di Joan Mirò, Max Ernst, Magritte e Salvator Dalì, campo d’indagine fu il mondo del profondo e dell’inconscio: quella parte di noi che emerge durante i sogni, quella parte di noi che, spesso, si confonde con “l’anima”. Ma qual è la natura intrinseca dell’uomo e delle cose? “Ti faccio vedere con gli occhi chiusi”, sosteneva Sebastian Matta.  Per il centenario della nascita dell’artista cileno, il Museo de Bellas Artes di Bilbao, dal 16 maggio al 21 agosto 2011,  si propone di dare una visione completa dell’operato di una delle figure più significative dell’arte del Ventesimo secolo, con Matta 1911-2011, una mostra che comprenderà 32 tele di grande formato, eseguite fra gli anni 1939 e 1999.

Sebastian Matta, Le fievre des sens, 1990

Artista visionario e ultimo interprete, sebbene egli stesso non si ritenga un surrealista, delle manifestazioni del movimento d’Avanguardia francese, Matta inizia a dipingere alla vigilia della Seconda Guerra Mondiale; una guerra che ha cambiato la fisionomia dell’uomo moderno e che prosegue sino ai nostri giorni: un tempo di costanti conflitti costanti, altamente distruttivi. Violenza e sofferenza, vita e morte, sopraffazioni e ingiustizie, ispirano le sue vaste composizioni come Le fievre de sens del 1990 o L’invisible humain del 1961, attraversate da scariche di luce a cui restano appese forme, figure e frammenti, parzialmente riconoscibili.

Sebastian Matta, Sans titre, 1992

Punto di partenza è la rivoluzione onirica surrealista, quella di Dalì e di Mirò, in particolare, ma le immagini di Sebastian Matta, vanno ben oltre l’illustrazione dei sogni dell’uomo, esse hanno a che fare con “ciò che ci anima”, con la “morfologia” delle cose; l’energia psichica che muove e sostiene un atto, un’immagine o un’emozione. Le opere si arricchiscono, così, di tensioni nei colori e nei segni; la figura in Sans titre del 1992 esplode e produce energia, agita i riguardanti per far loro afferrare maggiormente la realtà che, in quanto mondo nascosto ai nostri sensi, non si potrà mai rappresentare. L’opera significa non riproduce. Percepire è vedere, vedere è percepire e Matta vuole coscienza.

Sebastian Matta, L'invisible humain, 1961

Morfologie psicologiche è il titolo d’insieme che adotta per i suoi primi quadri (1938), dove l’artista cileno rapporta a nozioni di oggetti e di cose, ciò che proviamo in una situazione psicologica data. “Io sono un marginale, affermava l’artista, le mie cose di solito passano in silenzio, la gente se ne accorge sempre più tardi”. Matta 1911-2001 rende, invece, omaggio a un’artista attuale, la cui arte, ha avuto un’influenza decisiva su artisti come Jackson Pollock e Arshile Gorky e ha saputo investigare l’uomo e il suo modo di rapportarsi nel mondo.

 




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