A Roma ci immergiamo nei paesaggi in bianco e nero di Paul Morrison

Paul Morrison, Hibernaculum 2007, Bloomberg Space, London

Avete mai avuto la sensazione di vivere in un sogno in bianco e nero? Vi siete mai chiesti come sarebbe un mondo senza colori? Non l’avete ancora fatto? Immaginate, allora, di essere la piccola Alice di Lewis Caroll e calatevi nell’incredibile e altrettanto verosimile mondo realizzato appositamente per voi da Paul Morrison. La fondazione Volume di Roma dal 24 febbraio al 22 marzo 2011 presenterà i wall painting dell’artista inglese: gli inaspettati paesaggi che coniugano scenari invernali e piante estive, in un clima dal sapore disneyano.

Paul Morrison, Ochrea, 2008, Towada Art Center, Japan

Erede della tradizione romantica del paesaggismo inglese, Morrison ha dato vita nel corso degli anni a spettacolari e suggestive pitture murarie in bianco e nero, dove gli elementi naturali, alterati e ingigantiti, definiscono uno spazio in cui lo spettatore si sente immerso in una foresta di ombre. Realismo e senso del fantastico si fondono. In ogni sua mostra o installazione l’artista adotta un fiore o una pianta come motivo guida; prende un’illustrazione scientificamente accurata di un inventario botanico e costruisce uno scenario dalle dimensioni ambientali, inserendo, inoltre, elementi tratti dalla cultura popolare, come il tratteggio dei fumetti e l’ambientazione dei cartoni animati.

Paul Morrison, Raphide, 2008

Ma non solo. Paul Morrison coniuga il decorativismo dell’Arts & Crafts con l’immediatezza delle immagini commerciali e pubblicitarie; il suo impiego del bianco e del nero ricorda, inoltre, la sintesi grafica di Aubrey Beardsley, il celebre illustratore della Salomé di Oscar Wilde, che tanta influenza ebbe sul Poster Art Movement della fine del XIX secolo. E se attraverso le campiture piatte, così affini alle illustrazioni di Beardsley o alle nature morte di Roy Lichtenstein, fissa con intensità le immagini sulla parete, bandendo il colore dalla sua tavolozza Morrison costringe lo spettatore a un atto cognitivo: la felce aquilina è verde perché io conosco il suo colore.

Paul Morrison, Gamodeme 2006, The Contemporary Museum, Honolulu

È la vertigine del vedere. Nel mondo illustrato dell’artista inglese c’è una sorta di ambiguità visiva: sebbene familiari e “naturali” siano i suoi elementi, lo spazio che noi cogliamo è uno spazio ibrido, “artificiale”, dove la convivenza delle diverse forme di vita vegetale acquista, inoltre, una valenza simbolica, testimoniata dalla scelta di un fiore come soggetto principale. E il fiore è, forse, il mezzo più antico e migliore per trasmettere precisi messaggi. Uno dei motivi floreali che ricorre spesso nei wall painting è il Tarassaco: il Dente di leone, una delle erbe più note e diffuse nella cultura popolare.

Paul Morrison, Phylum, 2006

Simbolo di fedeltà e felicità, il Dente di leone è il notissimo fiore giallo che a infruttescenza forma il soffione; è la pianta comune dei luoghi incolti, l’erbaccia per eccellenza situata ai bordi dell’autostrada, a cui spesso dedichiamo poco più di uno sguardo distratto, ma se ci fermassimo un attimo a contemplarlo da vicino, potremmo cogliere la sua semplice bellezza. Paesaggio come contemplazione dunque, ma soprattutto paesaggio come costruzione e meditazione: nell’immettere l’elemento naturale all’interno di uno spazio culturale, Paul Morrison ci obbliga a leggere la natura e la nostra esperienza contemporanea dell’ambiente urbano e del mondo tutto daccapo.




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